Roma, 12 settembre 2014 – L’Italia è il Paese europeo più avanzato in materia di liberalizzazione del trasporto ferroviario. È l’unico al mondo ad aver aperto il mercato dell’Alta Velocità, quello più remunerativo, alla concorrenza. Un recente studio OCSE illustra come dal 1998 al 2013 l’Italia abbia compiuto notevoli progressi in fatto di concorrenza nelle ferrovie, passando dal livello massimo di “chiusura” (6 su 6) nel 1998 a uno molto inferiore (1,45 su 6) nel 2013. Secondo l’Organizzazione internazionale, nel periodo si è registrata una sostanziosa riduzione delle barriere all’ingresso e una maggiore apertura del mercato, misurata dal numero di aziende che operano in Italia.
Eppure sul trasporto ferroviario, in fatto di liberalizzazioni e regolamentazione, spesso si diffondono notizie false, contrastanti, confuse, sulle quali si aprono dibattiti impropri.
“Non è vero che…” è un sintetico quadro dei più diffusi temi di discussione sul trasporto ferroviario, per chiarire quanto già in passato sostenuto dal Gruppo FS Italiane.
NON È VERO CHE…
… sono le aziende del Gruppo FS Italiane a decidere il pedaggio ferroviario
Il pedaggio è definito dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con proprio decreto. Dunque, non sono Rete Ferroviaria Italiana, né il Gruppo FS Italiane a stabilire i costi del pedaggio per accedere alla rete AV. Ogni eventuale abbassamento dei pedaggi dovrebbe essere compensato da maggiori oneri a carico dello Stato e, di conseguenza, dei contribuenti. Il pedaggio medio da Milano a Roma è oggi di circa 8,00 euro a treno/km, il più basso a livello europeo in base al confronto con i pedaggi fissati sulle altre reti assimilabili del Continente. Va, infatti, ricordato che il 10 settembre 2013 il MIT è intervenuto per diminuire del 15% i canoni di accesso all’infrastruttura ferroviaria (pedaggi per le tracce orarie, ovvero anche dette “slot” orari). Ancor prima di tale riduzione, il livello di pedaggio praticato sulla rete nazionale, con particolare riferimento ai servizi alta velocità, si collocava nella fascia medio bassa della media dei pedaggi applicati negli altri Paesi europei in situazioni equiparabili. Il pedaggio corrisposto per l’utilizzo delle linee AV è il medesimo per Trenitalia e NTV (lo stesso principio è applicato sull’intera rete dove tutte le imprese ferroviarie pagano il medesimo pedaggio, a parità di caratteristiche delle tracce). Vale la pena di ricordare, ancora, che il pedaggio incassato da RFI sulle tratte AV/AC è destinato a: 1) copertura di parte del costo totale per la loro realizzazione, per sostenere il quale la stessa RFI ricorre al mercato finanziario accollandosi il relativo servizio del debito (rimborso quota capitale + interessi) e 2) alla copertura di parte dei suoi costi operativi legati all’esercizio della rete stessa (la manutenzione, ad esempio, non incide sulle imprese ferroviarie perché è finanziata dallo Stato).
… il Gruppo FS Italiane commette abusi di posizione dominante
A riprova della correttezza dell’operato del Gruppo FS Italiane a maggio 2013 si è conclusa, senza accertamento di infrazione, l’Istruttoria per abuso di posizione dominante, avviata dall’Autorità Garante della concorrenza a seguito di un esposto di NTV. Nessun ostruzionismo è stato mai posto in essere dal Gruppo FS Italiane per ostacolare l’iniziativa imprenditoriale di NTV. Viceversa, RFI ha sempre assicurato fattiva collaborazione, come peraltro ribadito pubblicamente in più occasioni dalla stessa NTV. Peraltro, RFI non ha interesse alcuno a perdere un proprio cliente.
… il Gruppo FS Italiane ha posto veti sull’utilizzo delle fermate di Roma Termini e Milano Centrale
Non far fermare i propri treni a Roma Termini e Milano Centrale è stata una scelta industriale di NTV, come la stessa società ha riconosciuto ufficialmente nel recente passato. Nessun veto, quindi, da parte del Gruppo FS Italiane. Nel 2008, infatti, l’uso delle due stazioni rientrava nell’Accordo quadro sottoscritto da NTV con RFI per l’acquisto della capacità di traffico previsto dal suo business plan, ma successivamente la stessa NTV non ha più inteso avvalersi di tale “diritto”, preferendo far arrivare/partire i propri treni da altre stazioni nelle aree metropolitane di Milano e Roma (il cui costo di utilizzo, si precisa, è inferiore a quello – rispettivamente – di Centrale e Termini).
… il Gruppo FS Italiane gode di sovvenzioni statali
Il Committente pubblico (Regioni o Stato) e l’impresa che svolge il servizio (Trenitalia) firmano un contratto con il quale il primo s’impegna a compensare, con “corrispettivi”, i costi dei servizi erogati (a standard di massima efficienza) dalla seconda che non sono coperti dai ricavi da tariffe (il cui livello pure è stabilito dal Committente pubblico, e che l’impresa incassa attraverso la vendita dei biglietti). Non è, dunque, corretto parlare di “sovvenzioni statali”, ma di “corrispettivi” per servizi richiesti. Così avviene per ogni altro servizio: se ad esempio una impresa fornisce energia elettrica allo Stato, questo, quando paga, dà “sovvenzioni”? No, paga un servizio reso. Le procedure in merito rispondono a leggi italiane e direttive europee. In Italia la somma di corrispettivi e tariffe nel trasporto regionale genera, da decenni, ricavi unitari (a passeggero-km) che arrivano a poco più della metà di quelli di DB in Germania e di SNCF in Francia: 13 eurocent contro i 18,5 di DB e i 24,5 di SNCF. Il committente pubblico ha facoltà di tenere bassi i corrispettivi, sapendo però che questo comporta o una corrispondente riduzione dei servizi ovvero un livello più alto delle tariffe: è il caso della Gran Bretagna, dove i biglietti e gli abbonamenti costano ai viaggiatori fino a dieci volte di più che in Italia Va, infine, sottolineato che, come i bilanci aziendali dimostrano, oggi siamo benchmark europeo per minori costi di produzione. Nonostante i modesti ricavi unitari, l’indicatore generale di efficienza industriale di FS Italiane (percentuale dell’EBITDA sui Ricavi) è il migliore a livello continentale nel comparto ferroviario (23,5% contro l’8,5 di SNCF e il 13 di DB). E questi risultati vanno a beneficio dell’azionista, che è lo Stato Italiano.
… il DL Competitività favorisce il Gruppo FS Italiane sul pagamento dell’energia elettrica
Lo scorso 5 agosto, il decreto “competitività” del ministero dello Sviluppo Economico ha posto fine a parte delle compensazioni che RFI, la società che gestisce la rete ferroviaria, riceve dal 1963 dopo l’esproprio delle centrali idroelettriche. L’acquisto a prezzi di mercato dell’energia elettrica andrà a colpire tutto il settore del trasporto passeggeri a mercato, inclusa l’alta velocità, e comporterà un importante aumento dei costi per la società di trasporto del Gruppo FS Italiane, Trenitalia, che vedrà aumentare la propria bolletta – a regime – di 60 milioni di euro l’anno. È stata cancellata un’agevolazione concessa come risarcimento perpetuo per l’esproprio, a favore dell’ENEL, di centrali di proprietà di Ferrovie dello Stato (oggi RFI) che producono energia da fonti rinnovabili, quindi a basso costo e inesauribili, di cui giovavano in maniera indiscriminata tutte le imprese ferroviarie. Non è vero, dunque, che il DL competitività costituisce un “regalo della politica a FS Italiane”. Si tratta, piuttosto, di una penalizzazione per tutti gli operatori su questo mercato, Trenitalia compresa. Fonte FS Italiane
Pubblichiamo integralmente la risposta di NTV apparsa sul sito aziendale il 16 settembre 2014
Sul trasporto ferroviario in fatto di pedaggi si dicono tante cose che non risultano del tutto
vere, quando invece l’unica incontrovertibile realtà è che l’Italia sull’Alta Velocità applica alle imprese canoni tra i più alti d’Europa. Ed Ntv non riesce a spiegarsi il perché. Tanto che per avere chiarezza ha presentato un esposto all’Autorità dei Trasporti. In attesa della risposta, Ntv ci tiene a offrire ai suoi Viaggiatori qualche “pillola” di sana contro-verità.
Non è vero che:
RFI abbia in “pancia” il debito per l’infrastruttura ad Alta Velocità
Il gestore della rete, RFI, non sopporta più gli oneri dei grandi investimenti serviti per la costruzione della rete alta velocità, in quanto con la Finanziaria 2007 lo Stato li ha avocati a sé e li ha pagati nel corso degli anni. Ben altri importi devono sopportare le altre aziende europee per la costruzione dell’alta velocità. In Francia i debiti sono superiori a 35 miliardi di euro per RFF (il gestore della rete francese) e in Spagna sono superiori ai 13 miliardi di euro per ADIF (il gestore della rete spagnolo).
Di conseguenza, non è altrettanto vero che ogni eventuale abbassamento dei pedaggi debba essere compensato da una riduzione dei costi o da nuovi trasferimenti dello Stato. In conclusione, non ci sono quindi ragioni che giustifichino l’alto costo del canone italiano per l’Av.
Non è vero che:
Le mele possano essere addizionate alle pere
Non è possibile comparare una linea alta velocità di seconda categoria, quale la Roma-Firenze, con una linea alta velocità di prima categoria, quale la Milano – Firenze il cui pedaggio è pari a 12,56 euro per treno km-.
In Europa le linee alta velocità di seconda categoria (definizione dell’Unione Internazionale delle Ferrovie) vedono pedaggi per treno chilometro compresi tra 1 euro nei paesi nordici e quattro euro.
La Roma – Firenze, AV di seconda categoria, ha dunque un pedaggio leggermente superiore a quanto è fissato negli altri paesi dove è presente questa tipologia di rete.
Il pedaggio per le linee AV di seconda categoria in Europa è variabile:
- In Svezia è pari a 1,1 euro per treno km
- In Norvegia è pari a 3,8 euro per treno km
- In Finlandia è pari a 3,8 euro per treno km
- Nel Regno Unito è pari a 4,1 euro per treno km*
Le linee alta velocità di prima categoria italiane vedono invece pedaggi in linea di massima superiori a quelli europei, con delle eccezioni per la Parigi – Lione (che sopporta un grande traffico) e l’Eurotunnel (per evidenti ragioni di ammortamento dei massicci investimenti).
Non è vero che:
Il pedaggio Av italiano sia in linea con l’Europa
Se si prende ad esempio la Roma – Napoli, linea AV di prima categoria, e la si confronta con il caso francese e spagnolo si può ben vedere quale sia alto il livello sopportato da Italo per il pedaggio.
Confrontando una linea con traffico non elevato come la Roma – Napoli, con linee di primaria importanza come la Parigi – Metz (la parte AV di 1° categoria della Parigi – Strasburgo) e la Madrid – Valencia, risulta evidente come il pedaggio italiano sia molto elevato.
Fatto 100 il livello medio sulla Parigi – Metz, dove si è battuto il record del mondo di velocità del treno AGV Alstom (la casa produttrice di Italo) nel 2007, il pedaggio pagato da Italo sulla Roma – Napoli è del 40 per cento superiore.
Quindi: il pedaggio italiano è tra i più cari in Europa, nonostante RFI non debba ripagare i costi dell’infrastruttura.
Non è vero che:
Il pedaggio debba essere uguale per tutti
Un treno che “consuma” meno la rete dovrebbe pagare meno perché comporta dei costi di manutenzione inferiori. Come giustamente ricorda il gruppo FS, la manutenzione è pagata dal contribuente italiano.
È logico che se Italo pesa il 30 per cento in meno rispetto ad un treno FrecciaRossa, dovrebbe pagare meno. Italo costa meno al contribuente e non si comprende perché questo vantaggio debba andare anche a chi “consuma” di più la rete.
Non è vero che:
In Europa non esistano pedaggi AV differenziati
In Spagna i treni AV con meno passeggeri pagano meno rispetto ai treni più capienti.
Se si adottasse un “sistema” spagnolo, dove parte del pedaggio è legato alla grandezza di un treno (banalmente quanti posti sono offerti in un treno), Italo avrebbe un risparmio rispetto al FrecciaRossa di almeno il 15 per cento. Forse ancora poco rispetto ai minori costi che Italo comporta per la manutenzione della rete e dunque al contribuente italiano.
Lo stesso esiste nel mercato aereo, dove un jumbo non paga lo stesso rispetto ad un piccolo piper per l’utilizzo dell’infrastruttura aeroportuale.
E’ invece vero che:
I pedaggi nel regionale sono di fatto un aiuto quasi invisibile
Analizzando i bilanci delle maggiori ferrovie europee risulta che il ricavo medio al netto del pedaggio di Trenitalia nel trasporto regionale è del 54 per cento superiore a quello tedesco per treno chilometro.
Non è corretto confrontare i contributi in base ai passeggeri chilometro (la domanda), perché questi, vengono concessi in funzione dei treni chilometro (l’offerta). Dunque la comparazione esatta è quella effettuata per i contributi concessi rispetto ai treni chilometri offerti e non i passeggeri chilometro. Banalmente se un treno è sovraffollato, i contributi per passeggero sono bassi, ma quelli per treno chilometro risulteranno invece elevati.
Prendendo in esame invece l’intero mercato passeggeri, l’Italia registra un ricavo medio al netto dei pedaggi per treno chilometro superiore del 36 per cento rispetto alla Gran Bretagna, del 43 per cento della Svezia e addirittura del 67 per cento rispetto alla Germania.
Come è possibile questo? Bisogna far notare che in Italia i sussidi nel trasporto regionale sono molto cresciuti negli ultimi anni, così come i prezzi dei biglietti.
Esiste inoltre un aiuto invisibile che è il pedaggio molto basso in confronto agli altri Paesi per il trasporto tradizionale e quello regionale (non nel mercato alta velocità dove invece è ai livelli massimi in Europa). Fonte NTV
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